Nessun dorma

Placido Domingo

C’è un aspetto fondante del sistema giuridico italiano che sembra destinato a crollare e a sgretolarsi: la presunzione di non colpevolezza.

Nel 1764 Cesare Beccaria, milanese illuminista e illuminato, pubblicava un saggio tanto breve quanto fondamentale: Dei delitti e delle pene. Proprio da queste pagine nasce il principio che “la prova spetta a chi afferma”, ovvero che è l’accusa che deve dimostrare che l’imputato sia colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio, non è l’imputato che deve dare prova della sua innocenza.

Insomma, un capovolgimento di visione rivoluzionario rispetto ai secoli precedenti, talmente moderno che l’idea di Beccaria viene ripresa e fissata nell’articolo 11 comma 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, firmata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sembra difficile smantellare questo principio, ma ultimamente viene spesso messo in discussione da quello che nasce come uno scudo di difesa e invece si sta trasformando in un’arma letale: il politically correct.

Siamo arrivati al tema di questo pensiero e lo facciamo perché seguiamo l’onda della cronaca: ricordate Johnny Depp? Dopo le accuse della ex moglie Amber Heard è stato letteralmente eliminato da tutti i progetti in corso, salvo poi essere assolto dal tribunale.

I casi simili sono diversi e adesso si sta aggiungendo quello recentissimo del grande tenore Placido Domingo, fischiato, criticato e persino snobbato dall’orchestra che l’ha accompagnato nel suo recente show all’Arena di Verona. Perché? Perché il cantante è accusato di molestie e sembrerebbe anche essere cliente di una specie di setta che, tra le altre cose, si occupa di una vera e propria tratta di schiave del sesso. Va da sé che, dopo queste rivelazioni, il “Nessun dorma” non è più solo il suo grande cavallo di battaglia, ma la triste realtà: la vita del tenore è diventata di recente un vero incubo e ogni sua mossa porta dietro di sé una scia enorme di polemiche.

L’associazione di femministe “Non una di meno”, per esempio, ha chiesto di sospendere le date all’Arena di Verona perché non ritengono idoneo far esibire in un contesto così prestigioso un artista al centro di gravi accuse. L’orchestra, invece, a fine spettacolo non si è alzata a salutare per prendere le distanze dal tenore, ma per altri motivi: Domingo ormai non ha più voce e non è più in grado di offrire performance degne di tale nome.

Insomma, la domanda è d’obbligo: è davvero giusto che la politica o alcune associazioni possano chiedere, sulla base di accuse non ancora confermate, di impedire a un artista di fare quello che per lui è lavorare? Beccaria magari storcerebbe il naso davanti a Domingo, ma siamo certi che rimarrebbe saldo sul suo principio e si scandalizzerebbe anche di chi lo vuole già mettere alla berlina, senza attendere nemmeno un processo vero e proprio. E se poi, come nel caso Depp, le accuse si rivelassero infondate?

Ecco, la presunzione di non colpevolezza evita di dover riabilitare e risarcire una persona dopo situazioni del genere, che distruggerebbero carriere, patrimoni e anche l’aspetto emotivo di chiunque. Ben più implacabile, invece, è l’azione del tempo che passa: da quello purtroppo Domingo non si potrà mai salvare e la sua voce non tornerà. Il tempo è davvero tiranno, ma è anche oggettivo: allora prendiamocelo in tutte le situazioni, anche quando si tratta di accusare. La difesa della donna, dei diritti, delle fragilità è sacrosanta, ma la caccia alle streghe ha sempre portato solo male.

Per chiudere in modo leggero e provocatorio, riportiamo un estratto da uno sketch del grande Nino Frassica, che a “Che tempo che fa” si finge direttore del giornale “Novella Bella” e legge, tra le altre, questa finta notizia condita da una battuta folgorante:

Molestie del mondo del cinema in America. L’attrice Ava Sandersonson di 133 anni, ormai in pensione, accusa Charlie Chaplin dicendo che la molestava.

Il giornalista le chiede: “Perché l’ha detto dopo così tanto tempo?”

E lei: “Cercai di protestare, ma allora il cinema era muto!”

Mattia Gelosa

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