Matteo Pavoni: intervistiamo il campione italiano di caffetteria

Matteo Pavoni con il premio di Campione Italiano Baristi

Le nostre interviste ci portano ancora in viaggio tra Lissone e il mondo. In questo caso, a seguire gli spostamenti di Matteo Pavoni, un giovane 29enne che a marzo è stato eletto miglior barista italiano a Rimini e che poi è volato in Australia per i mondiali di caffetteria. Una competizione nella quale si è classificato 11esimo tra circa 50 campioni nazionali.

Buongiorno Matteo. Sei praticamente appena atterrato di ritorno dalla Colombia e già ti abbiamo intercettato! Sei sempre in movimento, ma sappiamo anche che è stato proprio un trasferimento a Londra a cambiarti in modo inaspettato la vita, vero? Raccontaci la tua storia!
M: “Buongiorno, grazie per l’opportunità!
Sì è vero, un viaggio a Londra nel 2012 mi ha aiutato molto a trovare una passione e una professione. Dopo aver conseguito il diploma tecnico in geometra non mi sentivo motivato nel proseguire gli studi o lavorare in quel settore, così, come molti ragazzi fanno, ho deciso di provare un’esperienza in Inghilterra. Credevo di rimanerci poco, invece ho trovato un lavoro che mi ha appassionato tantissimo e che tutt’ora mi dà la possibilità di imparare e scoprire nuove cose. Sono quindi rimasto in Inghilterra per 5 anni, lavorando in diverse aziende nel settore caffè per poi rientrare in Italia ed iniziare la mia attività sulla base delle esperienze raccolte.”

L’esperienza dei mondiali com’è stata?
M: “Un sogno, nel vero senso della parola. Ho lavorato tanto per raggiungere il traguardo dei campionati nazionali e rappresentare l’Italia ai mondiali di Melbourne è stato fantastico.
Confrontarsi con team internazionali e professionisti di livello altissimo è stato formativo. Vedersi poi nei migliori 16 di circa 50 campioni nazionali ed infine vedersi classificati 11esimi al mondo presentando il lavoro svolto in questi anni è un risultato enorme e sono felicissimo!”

Matteo, il caffè per gli italiani è qualcosa di sacro, ma ripercorriamo un po’ la storia del caffè, dal chicco alla tazzina…
M: “La pianta del caffè cresce e viene coltivata nella fascia tropicale, in Paesi che hanno determinate condizioni climatiche per poterla lavorare al meglio. Non è semplice produrre un buon caffè, non è un processo veloce e richiede tantissima cura, meticolosità e pazienza, senza considerare il rischio che tutti i produttori intraprendono nel poter perdere i raccolti.
Questo, purtroppo, in Italia non si sa ancora bene tra la gente, che è abituata ad un caffè tendenzialmente di scarsa qualità, molto amaro e vecchio.
Fortunatamente, negli ultimi anni sono nate e cresciute piccole torrefazioni così come caffetterie che invece puntano su caffè specialty facendo un grande lavoro di divulgazione.”

Il tuo viaggio in Colombia era proprio alla ricerca di nuove varietà di caffè?
M: “Sono andato in Colombia ad incontrare i produttori di caffè specialty nella regione del Quindio, ho avuto modo di vedere come vengono gestiti i processi in filiera, dalla raccolta alla fermentazione. Inoltre, ho assaggiato i raccolti freschi, avendo quindi la possibilità di provare in anteprima e riservare quei lotti di caffè che vorrò poi vendere tramite il mio canale.”

Facciamo un paragone col vino: un buon vino nasce quando c’è un grande territorio, una perfetta condizione climatica, un’uva di qualità e poi un grande lavoro in cantina. Un solo errore in uno di questi passaggi e il vino verrà male. Ecco, nel caso del caffè, quali sono i passaggi dove si rischia di rovinare il prodotto?
M: “A differenza del vino, un passaggio aggiuntivo in cui il caffè può essere rovinato o valorizzato è la preparazione finale da parte del barista, ma andiamo con ordine.
Questi sono i fattori che incidono sulla qualità di un caffè:
origine (specie, varietà, regione, altitudine, metodo di lavorazione, stoccaggio);
tostatura (in parole semplici, quanto scuro o chiaro un caffè viene tostato: le tostature scure aumentano le note di amaro e bruciato);
acqua (le componenti minerali dell’acqua che usiamo per fare il caffè incidono
notevolmente sulla qualità dei sapori, provate una moka con acqua del rubinetto vs acqua in bottiglia per vedere la differenza!);
barista (qui ci metto qualità delle attrezzature usate, passaggi tecnici corretti eseguiti da un operatore formato).”

Restiamo al paragone con il vino: tu sei anche una sorta di sommelier del caffè? Insegnaci qualche trucco per degustare un caffè e capire se è più o meno buono.
M: “Parlando dell’espresso al bar, la prima cosa che consiglio ancor prima di assaggiare il caffè è quella di guardare lo stato delle attrezzature: ci vuole veramente un attimo per capire in che posto siamo!
Riuscite a vedere il colore dei chicchi nella campana del caffè o sono coperti da una crosta di olio? Riuscite a vedere almeno 3 panni attorno alla macchina espresso o vedete una lancia a vapore incrostata di latte e nemmeno una spugna? Il caffè viene macinato al momento o c’è un contenitore pieno di caffè macinato da ore? Il barista fa scorrere l’acqua dalla macchina prima di inserire il caffè fresco? Il latte è montato una volta o mille volte?
Possiamo poi valutare l’espresso visivamente, ma in Italia si usa molta Robusta, che fa sempre una bella crema, ma non fatevi illudere. Il caffè, per essere buono, deve avere un bilanciamento di acidità, dolcezza e lieve amarezza, solitamente quelli con la crema migliore sono anche i più scarsi come qualità.”

Quindi, in sostanza ci stai dicendo che in Italia il caffè è sacro, ma da noi si beve caffè di bassa qualità? Perché, in effetti, leggevo che anche molti ristoranti stellati e famosi sembrano in realtà avere cadute di stile proprio a fine pasto…
M: “Come accennavo prima, in Italia c’è una forte tradizione sul caffè di medio-bassa qualità. Il consumatore è talmente abituato al sapore amaro e quasi bruciato di un espresso tostato scuro, spesso miscela tra Arabica e Robusta, che è ormai convinto che quello sia il sapore di buon caffè.
Il caffè presenta una serie di aromi e sapori che, invece, vanno ben oltre le note amare.
Purtroppo, di caffè specialty (tostature più chiare, caffè più selezionati e privi di difetti, soprattutto 100% Arabica) non se ne trovano molti nel nostro Paese, ma le cose stanno cambiando piano piano, anche in alcuni ristoranti.”

Tu sei anche un produttore, anzi, un torrefattore. Produci qui a Lissone e distribuisci con un marchio tuo, è esatto? Che tipo di clientela hai?
M: “Esatto! Il mio marchio si chiama Peacocks Coffee, selezioniamo solo caffè specialty (quindi Arabica della più alta qualità) e li tostiamo a Lissone all’interno della torrefazione Caffè DF, con cui abbiamo avuto la fortuna di collaborare sin dagli inizi. Vendiamo poi alle caffetterie specializzate in Italia o all’estero così come agli appassionati che si fanno il caffè a casa. Per farlo, abbiamo un sito ecommerce in forte crescita!
Oltre alla vendita del caffè offriamo anche corsi di formazione su misura per appassionati o professionisti che vogliono migliorarsi.”

Alziamo l’asticella del piacere: il caffè nei cocktail. Che ne pensi? Ci puoi consigliare qualche ricetta facile da fare a casa, magari per stupire gli amici?
M: “Il mondo dei cocktail al caffè è bellissimo, ma allo stesso tempo molto complesso.
Non sono un grande esperto di miscelazione alcolica, però, quindi devo deluderti! Però, posso consigliarti di provare l’espresso & tonic, un cocktail molto semplice da realizzare ed efficace soprattutto d’estate. Basta scegliere una buona tonica ed un caffè specialty monorigine per creare qualcosa di nuovo e stupire gli amici.
Ancora più semplice e d’impatto è proporre agli amici un caffè filtro eccezionale! Vi servono una bilancia, una caraffa per filtrare l’acqua del rubinetto, un macinino manuale, un buon caffè specialty ed un v60 con filtro di carta. Ecco, ora avete tutti gli strumenti per realizzare questo caffè, su come farlo al meglio poi posso dirvelo io!!”

Ultima domanda: la categoria dei baristi (spero qualcuno ci stia leggendo!) sta impazzendo. Nessuno ordina più un espresso, ma ci si sbizzarisce: tazza grande o piccola, in ceramica o in vetro, con bicchierino d’acqua o senza, con lo zucchero oppure no…Insomma, come si beve davvero il caffè? Fa differenza berlo ad esempio in vetro piuttosto che in tazzina?
M: “Ricordo di aver letto uno studio effettuato a riguardo e credo di poter dire che nel caffè non cambia assolutamente nulla. Quello che può cambiare è la nostra percezione all’impatto con una tazzina calda piuttosto che fredda, con un materiale spesso o più fine. Il sapore di un caffè estratto bene rimane uguale tra vetro e ceramica: ci sono poi alcuni materiali che influiscono magari sugli odori, ma a parità di temperatura non dovrebbe cambiare molto!”

Grazie Matteo per questa bella chiacchierata. Io, di tutto questo, lo ammetto, mi segnerò soprattutto l’espresso & tonic! Fatelo anche voi a casa – magari appena torna il caldo – e ricordatevi che un buon caffè può cambiarvi la giornata ed essere anche un bel regalo di Natale. Specialmente se ve lo consiglia uno dei massimi esperti al mondo in materia!


Mattia Gelosa

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